|
Streghe
e fantasmi Costituzione in catene La
Costituzione del 1948 prevedeva un articolo secondo il quale “senza
autorizzazione della Camera alla quale appartiene, nessun membro del
Parlamento può essere sottoposto a procedimento penale; né può essere
arrestato, o altrimenti privato della libertà personale, o sottoposto a
perquisizione personale o domiciliare, salvo che sia colto nell’atto di
commettere un delitto per il quale è obbligatorio il mandato o l’ordine di
cattura”. Con la legge costituzionale del 29 ottobre del 1993 dello spirito
di questo articolo si mantenne solo la rima e l’impedimento del procedimento
penale venne soppresso. Da allora abbiamo avuto la "Costituzione più
bella del mondo", insieme alla classe politica più criminale. Prima è
stata tracimata via dalle inchieste giudiziarie la dirigenza dei partiti di
governo, poi si è messo sotto scacco il leader del partito che aveva vinto le
elezioni con il nuovo sistema elettorale ed adesso, con la condanna in primo
grado, a Denis Verdini, si è inflitto un colpo alla nuova coalizione di centrosinistra.
Dovevano essere proprio degli illusi quei costituenti, da Terracini e
Giovanni Conti, passando per Pietro Nenni e Alcide De Gasperi, preoccupati di
garantire l’immunità giudiziaria ai parlamentari. Non si rendevano
evidentemente conto che nonostante avessero assicurato una legge uguale per
tutti, consentivano ai delinquenti di nascondersi in Parlamento. Oppure, i
costituenti non si preoccupavano della delinquenza e della corruzione, che
uno Stato saldo ed autorevole nella sua rappresentanza sa combattere, ma
semmai dal presupposto che una magistratura monarchica e asservita al
fascismo per più di vent’anni, potesse intervenire nelle vicende politiche
della Repubblica al fine di alterarle. Perché, se si tratta di perseguire un
reo, lo si può perseguire anche quando non ha incarichi parlamentari. Curioso
che invece se si esce dalla vita politica si perde interesse allo stato
dell'inquisito. E’ lecito pensare che una classe politica sia principalmente
composta da corruttori, ma lo è altrettanto ritenere la magistratura
interessata ad esercitare una pressione indebita. Per Giovanni Conti, essa
era il “quarto potere” dello Stato, un semplice ordinamento in sostanza, che
seguiva il Parlamento, il presidente della Repubblica, il governo. Purtroppo
è accaduto che questo semplice quarto potere abbia attaccato i suoi
precedenti, incluso il Quirinale nella persona di Giorgio Napolitano e tutti
sanno come. E’ il caso che una Repubblica democratica debba essere sottoposta
ad una tale continua crisi istituzionale con il conseguente indebolimento del
primi tre poteri dello Stato? Non è meglio, come in Francia, che si
perseguitino i reati appena si decada dall’incarico parlamentare? Sono
domande che nessuno mai si pone. Da quel famoso 29 ottobre del 93, si continua
a cacciare streghe ed acchiappare fantasmi, senza accorgersi che ci troviamo
giusto un pugno di mosche in mano. Roma, 18
marzo 2016 |
|